16 settembre 2008

Considerazioni e bilanci dopo la 1a tappa - Conclusione

Il tempo passa velocemente: è ormai ora di terminare i bilanci della prima tappa per dedicarmi seriamente alla preparazione della seconda...
A tutto quanto scritto in precedenza non ho molto da aggiungere dal punto di vista tecnico, ma mi preme concludere questo resoconto con un accenno all'ambiente della Transquadra, aspetto a cui ho già alluso qua e là in precedenza, e qualche annotazione più personale sull'esperienza della navigazione in solitario.

La regata - impressioni

La Transquadra è una regata transoceanica in due tappe (St Nazaire - Madeira e Madeira - Martinica) aperta a barche monoscafo di serie di lunghezza f.t fra gli 8.50 m e i 15 m, e a partecipanti, in solitario o in doppio, non professionisti della vela, di oltre 40 anni di età.
Questa selezione dei partecipanti offre la possibilità a molte persone di concretizzare un sogno che difficilmente potrebbero realizzare altrimenti, avendo fatto scelte di vita diverse da quelle dei navigatori professionisti, ed esclude, per questioni di età, i cosidetti "giovani lupi" alla ricerca del risultato per farsi un nome e scovare sponsor in vista di una carriera, velisti che peraltro hanno mille altre possibilità di emergere partecipando a regate più note, che non mancano certo nel paesaggio francese ed inglese.
Non è sempre facile gestire la preparazione e la partecipazione alla Transquadra, considerando che per un periodo di due o tre anni si deve giostrare fra attività professionale e impegni familiari dedicandosi completamente (tempo libero e budget) a questa manifestazione. L'alto numero di rinunce parla chiaro: 120 posti a disposizione tutti presi d'assalto 2 anni prima della partenza nel giro di 48 ore dall'apertura delle iscrizioni, oltre 50 equipaggi in lista d'attesa, e alla partenza ...105 barche presenti.
I partenti sono quindi molto motivati, ma generalmente anche molto rilassati. Nessuno deve dimostrare nulla, se non a se stesso (ad una certa età i "risultati" di classifica non hanno più molta importanza per la maggioranza delle persone...) e l'ambiente della regata è molto amichevole, solidale e con poche eccezioni esente da "furbetti" che giocano sul filo dell'onestà per ottenere migliori piazzamenti, o che proprio dilettanti non sono... (ma sembra che avere fra gli iscritti alcuni campioncini a vari livelli, nazionali o olimpionici, ex partecipanti a Figarò, veterani della Minitransat o di altre Vendée Globe dia lustro alla manifestazione, ciò che favorirebbe una certa elasticità del concetto di non-professionista).
Ho anche apprezzato molto il fatto che gli organizzatori sono tutti volontari: le "Chemises rouges" così chiamati per la divisa che portano, lo fanno per passione al di fuori dalla loro attività professionale, nel loro tempo libero. Malgrado questo l'organizzazione è perfetta, funziona senza una grinza, senza un intoppo, il tutto in un clima di amicizia, collaborazione e festa.
Bravi! A loro giunga il mio sentito ringraziamento, e l'augurio di continuare così!

La navigazione in solitario

Poco prima di partire sono andata al cinema (a Camaret) per vedere il magnifico film su Tabarly uscito per l'anniversario dei 10 anni della sua scomparsa. Egli non era principalmente un navigatore solitario, ma è ricordato frequentemente dal grande pubblico più come solitario che per altre sue imprese.
Il personaggio era conosciuto per la sua poca loquacità, specialmente coi giornalisti, ed è emblematica la risposta ad una domanda che gli viene posta ad un certo momento del film, durante un'intervista, a questo proposito:

- I giornalisti - diceva Tabarly - spesso non si preparano ad un'intervista, a volte non sanno nulla o molto poco di vela, di mare o di navigazione, e pongono domande fuori luogo o non interessanti alle quali non vi è risposta: Cosa dovrei rispondere alla domanda: "A cosa pensava durante la sua navigazione in solitario?" Durante le regate in solitario pensavo alla regata, a cos'altro avrei dovuto pensare?-

Mi sovvengo di questo aneddoto ora che mi appresto a scrivere qualcosa di meno tecnico: cosa potrei raccontare del vissuto personale della navigazione in solitario? Quali pensieri ed emozioni mi hanno accompagnato, cosa ne ho tratto dal punto di vista "umano"? Non è semplice esprimere i sentimenti provati, fanno parte di qualcosa che difficilmente riesco a condividere.
Schivare la domanda come faceva Tabarly ? Con la mia piccola e modesta esperienza non sono sicuramente in posizione di potermi permettere un plagio di questa portata... sarebbe immodestia fuori luogo.

Potrei raccontare l'attesa, la gioia, la rabbia, l'esaltazione, la delusione, l'abbattimento, la soddisfazione,.... mai la noia (non c'è tempo), la conversazione con la barca, il vento ed il mare, la rara poesia di un tramonto, la fatica, a volte la lotta, per far fronte al cattivo tempo, il piacere di ricevere un messaggio di sostegno inviato da uno sconoscito o la commozione di leggere un email di un amico, l'adrenalina che sale insieme al vento, l'emozione dell'arrivo: tutte banalità... (forse)

Il sentimento predominante, che tutt'ora persiste anche a distanza di tempo, è la calma: La calma di non doversi preoccupare degli altri (membri d'equipaggio), del loro benessere, dei loro stati d'animo, di non dover sostenere conversazioni spesso oziose o vuote, la calma di poter fare quello che devo fare senza discutere con quanti sanno" tutto meglio", la calma di poter avanzare al mio ritmo, dormire quando ne ho bisogno, mangiare quando ne ho voglia, la calma di accendere la musica quando mi va o, più spesso, di ascoltare il rumoroso silenzio del mare, la calma data dalla certezza di aver fatto tutto il possibile per essere qui e ora, con la tranquillità che una accurata preparazione conferisce, con la certezza della barca su cui so di poter contare, la calma, soprattutto, di non dover pensare a null'altro che a ZenZero ed al suo avanzamento.

All'arrivo ho avuto un attimo di smarrimento: è già finita? Stavo tanto bene là fuori!
La folla, gli amici, il telefono, i messaggi sms e email, le feste organizzate, gli impegni...... mi sono sentita oppressa, aggredita, annientata dalla troppa gente, dalle domande, dalla pressione, dal rumore disordinato senza relazione con l'andamento del mare o della forza del vento, dalla vacuità delle preoccupazioni "terrestri", dall'inutile e assordante musica di fondo omnipresente, dal chiacchiericcio...
volevano unicamente esprimermi affetto, ma erano troppi!

Per fortuna ripartirò presto....





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